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Tax Gap dell’IVA: focus su misurazione delle grandezze a livello regionale

lentepubblica.it • 30 Dicembre 2014

Focus sulla mappa dell’evasione legata all’imposta sul valore aggiunto, con le sue differenze territoriali, regione per regione.

Il lavoro “Asymmetries in the territorial Vat gap” propone due approfondimenti in tema di Iva per gli anni dal 2007 al 2010. Il primo riguarda la misurazione delle grandezze Iva a livello regionale e per tipologia di consumo finale. Il secondo, invece, intende descrivere – in via esplorativa – alcune caratteristiche del gap Iva territoriale.

Inizialmente, il lavoro espone i metodi e i risultati delle misurazione delle basi imponibili Iva dichiarate (e relativa imposta) e di quelle non dichiarate. Le informazioni desunte dalle dichiarazioni Iva, in particolare dal quadro VT, consentono di articolare l’imponibile e l’imposta secondo gli usi finali, da consumo delle famiglie e da imprese market, oltre che per regione. La stima del gap Iva sempre per usi finali a sua volta articolata anche per regione è ottenuta mediante l’impiego di un metodo indiretto di tipo top-down, che confronta le grandezze dichiarate con quelle che si avrebbero in assenza di evasione (teoriche).

I risultati evidenziano che la media del gap di base Iva nel periodo 2007-2010 è di quasi 231 miliardi di euro, di cui 177 riferiti al gap per usi finali delle famiglie e 54 per usi finali delle imprese market. Nel sud (isole comprese) il gap vale circa 83 miliardi, seguono Nord-Ovest (27% del totale) Nord-Est (21%) e Centro (17%).

La media nazionale 2007-2010 della propensione al gap della base Iva (rapporto tra il gap di base e la base teorica) è pari a circa il 26% e nella sua composizione la parte per usi finali delle famiglie è al 26,2% mentre quella riguardante gli usi finali delle imprese market è del 46,9 per cento.

Dalla distribuzione territoriale risulta che la propensione complessiva al gap della base Iva in sei regioni su otto nel meridione è superiore al 32 per cento. Queste mostrano propensioni molto elevate negli usi finali delle imprese market, oscillano infatti tra il 60% e il 75% ed evidenziano valori tra il 33% e il 39% per le transazioni relative ai consumi finali delle famiglie.

In ogni caso, ben undici regioni presentano propensioni complessive al gap inferiori alla media nazionale; Lazio, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige mostrano i valori più bassi. Nelle regioni del Nord-Est le propensioni al gap degli usi finali delle imprese market sono superiori alla media nazionale e superiori alla media del Nord-Ovest. In generale, la propensione media al gap della base Iva dei consumi finali delle famiglie del Nord è inferiore a quella del Meridione.

Nella seconda parte del lavoro sono effettuate due analisi per tentare di qualificare le peculiarità gap territoriale. Dall’analisi shift-share si distinguono tre componenti che aiutano a interpretare la propensione al gap della base: quella nazionale spiega la maggior parte della propensione osservata a livello territoriale ed è pari al 26,04 per cento. La seconda, la componente strutturale, produce un effetto positivo sul divario, soprattutto, nelle regioni del Sud a causa della quota di settore pubblico nell’economia del Sud, è un valore compreso tra -1,5 e -2,5 per cento. Sempre nel Sud, la componente locale gioca però un ruolo significativo: questa tende ad aumentare la propensione al gap della base Iva del 10% in quasi tutte le sue regioni.

La parte dinamica della shift-share suggerisce che l’andamento decrescente del gap della base Iva è guidato dalla tendenza nazionale alla riduzione, pari a -8,64 per cento. Il peggioramento della compliance è invece influenzato principalmente dalle componenti locali. Fattori specifici riguardano per lo più la Lombardia, il Friuli e la Liguria e anche per la Calabria e la Sicilia nello spiegare il tasso di crescita regionale complessivo del gap di base Iva.

Infine, dall’analisi longitudinale dei dati nel periodo 2007- 2010 si tenta di far emergere gli aspetti della componente locale che influenzano il livello del gap di base Iva. Risulta che il livello del gap è positivamente correlato alle condizioni economiche della zona espresse sia in termini di ricchezza sia in termini di capacità di spesa. Inoltre, si trova una correlazione positiva con alcune variabili del ciclo economico, come cambiali e pagherò protestati.

Un risultato interessante deriva da alcune variabili che esprimono l’effetto deterrente esercitato dall’attività dell’Agenzia delle Entrate. In questo esercizio preliminare, risulta che un aumento dell’1% dell’attività di enforcement (espressa in termini di somme riscosse da accertamento) riduca il gap di base Iva del 7 per cento. Nonostante questo risultato debba considerarsi con molta cautela, tale correlazione conferma alcune riflessioni teoriche (Andreoni, 1998).

 

 

FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate

AUTORI: Elena D’Agosto, Massimiliano Marigliani e Stefano Pisani

 

 

corte, media

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